Fin da bambino il disegnatore Ōba Yōzo si sente incapace di capire il modo in cui le persone interagiscono e si comprendono. E in una società come quella giapponese in cui, se non ci si conforma, la pena è la squalifica e il decadimento dalla condizione di essere umano, l’unica salvezza per il giovane sarà indossare una maschera, fingere, fare il buffone. Le sue difficoltà a entrare in contatto con gli altri lo costringeranno presto ad affidarsi allo spregiudicato Horiki per affrontare i momenti di socialità. Ma sarà proprio l’amico a fargli abbandonare definitivamente gli studi, trascinandolo in un mondo di alcol, droga, donne piegate dall’esistenza o, al contrario, così innocenti e fiduciose da attirare su di sé un contrappasso abominevole e degradante. Nonostante gli sforzi per togliersi da quella vita e i successivi maldestri tentativi di dedicarsi alla lotta politica, Yōzo non riuscirà mai davvero a trovare una propria dimensione, rimanendo sospeso tra il piacere di infrangere il codice sociale, il sentimento di colpa per non sapervisi adeguare e lo schiacciante senso di solitudine che ne deriva.