Vivere la vita come un'opera d'arte, amare solo cio che e bello, cogliere l'attimo, godere a fondo di ogni piacere e disprezzare sempre la volgarita. Ecco le semplici regole di Andrea Sperelli, giovane e nobile frequentatore di salotti nella Roma viziosa di fine Ottocento. Il suo unico scopo e quello di condurre una vita straordinaria, fatta di mondanita, donne e avventure, da seduttore impenitente e amante focoso. Ma dietro l'euforia, dietro i godimenti, si scorge forse un'ombra. Andrea si finge spavaldo e risoluto, eppure la malinconia e la solitudine sono in agguato, pronte a giocargli sul piu bello un subdolo scherzo, definitivo e tragico.
TOMO PRIMOSogno d'un mattino di primaveraSogno d'un tramonto d'autunnoLa citta mortaLa GiocondaLa GloriaFrancesca da RiminiParisinaLa figlia di IorioLa fiaccola sotto il moggioTOMO SECONDOPiu che l'amoreLa naveFedraLe Martyre de Saint SebastienLa PisanelleLe ChevrefeuilleIl ferroCabiriaLa Crociata degli InnocentiL'uomo che rubo la GiocondaAppendice: testi dispersi, abbozzi, varianti
Edito nel 1889, nello stesso anno e con maggior fortuna del "Mastro don Gesualdo" di Verga, "Il Piacere" è il primo romanzo scritto da Gabriele D'Annunzio. L'esperienza biografica nella Roma di fine secolo, mondana e bizantina, si fa letteratura: "Nel personaggio di Andrea Sperelli" scrive D'Annunzio "c'è assai di me stesso colto sul vivo". La vicenda del protagonista racconta il vuoto di valori e la crisi della società aristocratica ottocentesca, di un mondo che, malato di edonismo, va verso il proprio disfacimento, soffocato dalla realtà contemporanea che alla bellezza va sostituendo, come unico valore, il profitto. Il conte Andrea Sperelli, giovane artista e raffinato esteta, intende, come altri personaggi della coeva letteratura europea, "nel grigio diluvio democratico odierno", "fare la propria vita come si fa un'opera d'arte". Privo di una reale forza morale, percorre un itinerario tormentato, segnato da complicati amori, dalla sterile ricerca del piacere, dal tentativo di evitare l'impatto traumatico con la nascente società di massa. E assiste al decadere del proprio mondo e all'agonia di quell'ideale di bellezza che la realtà contemporanea va negando. Nel Piacere, scrive D'Annunzio, "io studio, non senza tristezza, tanta corruzione e tanta depravazione e tante sottilità e falsità e crudeltà vane".