Nel 2006, appena uscito, questo libro suscitò subito una magnetica attrazione nei lettori e nella critica che parlò di una rivelazione. Fu un vero caso letterario. Sara stato quell'inizio folgorante: «A me la faccenda della boxe piaceva parecchio. Non so cos'era. Forse anche la formidabile sensazione che c'era un luogo dove avevo qualche numero, o dove comunque potevo battermi ad armi pari». O il titolo che con vaghezza ricorda Hemingway e i raccontatori americani, al cui forte modo di sentire realistico e poetico questi tre racconti nettamente si ispirano. O la giovinezza dello scrittore che aveva allora ben meno di trent'anni. O questo parlare di giovani che la copertina fa balenare, in lotta, avversari e complici, per una specie di unita dell'esperienza perduta in frammenti. Un'attrazione poi sostenuta, aprendo il volume, dall'intensita eccezionale del primo racconto, "Boxe". Narra del Ballerino e della Capra: è come se tutto il loro tempo, quello breve trascorso ma anche il futuro, fosse stato disegnato per il loro incontro sul ring. Il Ballerino è per bene e «sfigato» secondo l'autodefinizione; con la sua leggerezza da libellula sul quadrato, è diventato una leggenda, La Capra, è povero, è sordo ed è un campione che scala la vittoria come le capre i burroni. E questo un ritratto che si incide nel profondo, di ragazzi alle prese con l'iniziazione alla vita e con l'illusione accecante del segreto dell'esistenza. "Cavalli", il secondo racconto, ha come un andamento di ballata in spazi aperti: due fratelli, ricevono dal padre due cavalli e il via al loro destino. Uno dei due va in citta in cerca di avventura, l'altro resta. Una ferita aperta da lavare li ritrova fianco a fianco e svela chi è gia uomo e chi deve ancora diventarlo. "La scimmia", il terzo, narra la voglia di sparire come soluzione possibile: l'amico conosciuto come più ricco, più fortunato, improvvisamente decide di essere una scimmia. Il velo del delirio si attacca all'amico sano quasi a rappresentare un'altra visione della vita, come il nostro doppio che ci sta sempre accanto.
Dino, el protagonista, tiene dos pasiones en la vida: el juego de billar y su trabajo silencioso de empedrar calles. Frío, sin permitir que lo domine la pasión, no quiere que el desorden perturbe su vida. Tanto el juego como el trabajo significan para el una verdadera filosofia de la vida. El billar, un juego hecho de largos silencios, de reflexiones y razonamientos, una metafora de la vida: la geometria perfecta que se diseña sobre el paño verde de la mesa, y que para el posee el rigor del orden y la racionalidad cartesianas. El tiro de apertura, precisamente, el golpe dado con el taco a la bola al inicio del juego. Asimismo, Dino consigue en el trabajo la simetria y la coherencia: empedrar calles significa empotrar los adoquines en la tierra, distribuirlos bien, martillar sobre ellos, un dia y otro, millones de adoquines. La buena alineacion de las piedras, corresponde pues al orden que reina en la vida de Dino. Por las noches, en las horas de descanso, son las veladas serenas y ordenadas con Sofia, una esposa que no conoce la felicidad. Hasta un dia. El capricho de la vida se presenta a complicar el equilibrio. El funcionario de la comuna anuncia que se acaba la faena de empedrar las calles, que "ha llegado el asfalto". Por otro lado, y despues de varios años de esterilida