È possibile parlare, poetare, pensare, oltre la lettera, oltre la morte della voce e della lingua? È l'interrogativo che si pone Giorgio Agamben nel saggio che introduce "Il fanciullino" di Giovanni Pascoli, uno dei testi piu profondi, significativi e misconosciuti del decadentismo italiano. Per il fanciullino il linguaggio e una riserva di oggetti che "furono vivi" e che stanno come congelati sull'orlo della vita, in attesa di essere "animati". L'opera poetica e dunque, in primo luogo, un tentativo di restituire la vita alle cose morte che si sono depositate nella lingua, in una lingua che appare cosi essa stessa lingua morta: la poesia diventa allora una sorta di attraversamento della morte, una "complicita con la morte", che lega questo testo pascoliniano ai grandi testi del "moderno
Quisiera que pensaseis conmigo que el «misterio, en la vida, es grande y que lo mejor que podemos hacer es estar lo más estrechados posible a los otros a los que el mismo misterio ahoga y asusta. Y q
Pubblicati nel 1909, i "Nuovi poemetti" giungono a distanza un quinquennio dai "Primi poemetti", e di questi rappresentano il seguito. Ripartiti in sette cicli, aggiornano il lettore sulle vicende di una rustica famiglia garfagnina e raccolgono componimenti di diversa impronta: ricordi personali o familiari, poesie didascaliche, versi di ispirazione simbolica o meditativa, in cui prevale una visione storica e cosmica pervasa di forti toni apocalittici. Troviamo in essi il racconto del lavoro nei campi, umile ed epico, insieme alla turbata celebrazione del mistero della vita o a riflessioni esistenziali dominate dall'angoscia di un animo sempre più solo di fronte al baratro astrale.